Nella serata di domenica 26 aprile il Presidente del Consiglio Conte ha messo a tacere le inopportune voci che si erano diffuse, creando preoccupazioni e confusione, in merito alla possibile riapertura delle scuole a maggio, sulla base di un supposto modello francese a cui ispirarci: “ragionevolmente le scuole saranno chiuse fino alla fine dell’anno”.
È evidente la difficoltà di molte famiglie con bambini in tenera età a gestire la didattica a distanza e, soprattutto, il rientro ravvicinato al lavoro – difficoltà solo in parte alleviate dal bonus baby sitting e dai congedi straordinari.
Ma il comitato tecnico-scientifico del governo ha sottolineato come la riapertura delle scuole avrebbe determinato un innalzamento del contagio nel giro di due settimane, ed è esattamente per scongiurare un nuovo gravoso rischio sanitario che devono continuare, da parte di tutti, i comportamenti di responsabilità al fine di limitarne i danni.
Le questioni principali, nell’immediato, sono l’organizzazione dell’orale per l’esame di Stato in presenza e, soprattutto, la rentrée di settembre, nella ferma speranza che la sfida di convivere con il virus non si riveli troppo difficile.
Come è successo per molteplici aspetti della nostra società, anche per la scuola, chiamata a confrontarsi con la pandemia, è questo il momento tragico della verità: l’antico problema dell’edilizia scolastica, procrastinatosi nella totale noncuranza da parte di troppi governi regionali, renderà decisamente complicato mantenere le distanze di sicurezza, se non si ricorre fin d’ora a efficaci strategie e all’utilizzo di nuovi spazi provvisori, dando senso magari anche allo scenografico ospedale da campo. Verranno a galla le incapacità decisionali circa la scuola di via Torino e il temporeggiamento, per quasi tre anni prima di avviare i lavori, al Liceo Bérard, per non parlare della storica carenza di palestre e di posti al Convitto.
Peseranno le scelte relative alle classi affollate, che ora dovranno ridursi a non più di 15 alunni. Le novità dell’anno scolastico 2020/21 implicheranno l’aumento dell’organico di fatto e l’assunzione di nuovi insegnanti, grazie anche agli annunciati concorsi per stabilizzare i precari, in particolare per la scuola dell’infanzia. Perché qui si nasconde un altro nodo della scuola italiana, dove diventare docente di ruolo significa affrontare una gavetta decisamente più lunga rispetto a tutti gli altri Paesi d’Europa; al termine, l’insegnante ha già raggiunto un’età ragguardevole che ora lo rende fattore di rischio rispetto alla pandemia. Altri nodi sono il trasporto pubblico e le mense: tutto va valutato e riprogettato con la massima cura in vista della rentrée.
Si tratterà poi anche di far tesoro del patrimonio di competenze che la didattica a distanza ha obbligato tutti a sviluppare in gran fretta, con risultati mediamente buoni. Nella consapevolezza che la scuola non può certo ridursi a un computer, ma è continuo incontro, scambio, confronto, in una parola è relazione. Una relazione che dovrà imparare a convivere anche col virus, in un rapporto molto complesso tra il rispetto del diritto allo studio e quello alla salute.
In conclusione, il gruppo Adu VdA è pronto a mettere a disposizione della comunità valdostana le diverse e preziose competenze sulla scuola e sulla formazione che racchiude al suo interno, per affrontare insieme le nuove sfide che la attendono con intelligenza, fantasia e coraggio.